Il 29 dicembre il Consiglio Direttivo dell’INFN ha approvato le graduatorie di due concorsi, rispettivamente per 15 posti di ricercatore in fisica teorica e 58 posti di ricercatore in fisica sperimentale, finanziati dal piano straordinario di assunzioni di ricercatori previsto dalla Legge di Stabilità 2016. Si tratta di un incremento di circa il 12% del numero totale di ricercatori dell’Ente, una vera e propria iniezione di nuove energie dopo anni di pesanti limitazioni con la conseguente riduzione ed invecchiamento della comunità scientifica interna.
I due concorsi appena conclusi, che coprono tutti i campi di ricerca di interesse dell’INFN e hanno visto la partecipazione di più di 700 candidati, sono stati condotti nel rispetto della richiesta ministeriale di dare priorità a candidati giovani, con anzianità di dottorato inferiore ai 5 anni, definendo nei bandi dei criteri di valutazione dei titoli che privilegiavano la qualità della produzione scientifica. Il risultato è effettivamente quello voluto, in quanto l’anzianità media di dottorato dei vincitori si colloca fra i 5 e i 6 anni, mentre la loro età media è di circa 33 anni (ben 39 sono sotto il valor medio). Inoltre, 7 vincitori sono stranieri e 17 sono italiani che lavorano all’estero, a dimostrazione dell’attrattività internazionale dei gruppi di ricerca dell’INFN.
Appare molto rilevante che l’INFN abbia deciso di lasciare ai vincitori piena libertà di scelta della sede di prima assegnazione e del progetto di ricerca su cui lavorare, ma soprattutto che stia valutando la possibilità di attribuire a ciascuno dei vincitori un finanziamento personale (startup grant) con cui sostenere la propria attività di ricerca iniziale permettendo una continuità nell’arricchimento del loro curriculum. Un esempio che andrebbe sicuramente esteso a tutti gli altri Enti di Ricerca.
Tuttavia, nel rallegrarsi per questi 73 giovani colleghi che contribuiscono a consolidare il panorama scientifico italiano con la loro preparazione e la loro inventiva, non si può non sottolineare come la – doverosa – scelta di privilegiare i più giovani abbia finito col penalizzare molti ricercatori che per sole motivazioni anagrafiche non avevano avuto alcuna opportunità nei primi anni della loro carriera. Sarebbe un grave errore rinunciare a queste risorse umane, ormai dotate di esperienze e competenze di alto livello, specie ora che il recente D.Lgs. 218 lascia agli Enti di Ricerca ampia libertà di programmazione del personale. Come pure, sempre grazie al D.Lgs. 218, è urgente offrire adeguate opportunità di carriera ai ricercatori e tecnologi che da anni, col proprio lavoro, mantengono su livelli competitivi internazionali la ricerca italiana.
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