È stato pubblicato lo scorso 5 agosto sul sito del MIUR il DM 543 che, con ormai un anno di ritardo, stabilisce i criteri di riparto della quota premiale del FOE 2014 (il 7% del totale FOE, pari a poco meno di 100 milioni di euro), apporto essenziale alla chiusura del bilancio in tutti gli Enti di Ricerca vigilati dal MIUR.
Lo scorso anno la quota premiale del FOE 2013 fu ripartita sulla base dell’esito della valutazione ANVUR, la VQR 2004-2010, mentre la quota 2014 sarà ripartita secondo lo stesso criterio solamente per il 70%. Il restante 30% della quota premiale verrà attribuito sotto forma di finanziamento a specifici progetti presentati dagli Enti, anche in collaborazione fra loro, che si riferiscano alle linee di ricerca e innovazione contenute in Horizon 2020. Ciascun Ente ha potuto presentare al massimo 2 progetti come capofila ed al massimo 3 progetti come partecipante. Il tutto entro soli 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto, vale a dire entro il 4 settembre. Molto stretti anche i tempi previsti per la valutazione dei progetti, 25 giorni, ed il termine fissato per l’assegnazione delle rispettive quote agli Enti: il 30 ottobre prossimo.
A parte il ritardo inaccettabile del provvedimento, appare da una parte un po’ eccessivo richiedere la stesura di complessi progetti per distribuire a 12 Enti di Ricerca un fondo di soli 30 milioni di euro, dall’altra assurdo chiedere che il tutto si realizzi in un solo mese di tempo, per di più il mese di agosto. Appare, inoltre, assolutamente irrealistico che un comitato di valutazione (nominato fin dallo scorso gennaio) possa valutare seriamente tali progetti in 25 giorni.
Infine, imporre lo stesso numero massimo di progetti (2 come capofila e 3 come partecipante) ad Enti che hanno dimensioni estremamente differenti penalizza incomprensibilmente gli Enti grandi, CNR in primis, a favore degli Enti più piccoli.
Sorge, quindi, il legittimo dubbio che si tratti di una operazione di facciata, il cui esito è stato già abbondantemente preparato a tavolino nelle stanze del Ministero, in barba a tutti gli sforzi che i Ricercatori (quelli che i vertici hanno deciso di coinvolgere) hanno fatto nel mese di agosto per elaborare e presentare progetti di ricerca che dovessero competere tra di loro.
Il tutto discende dal “peccato originale” che accompagna questi fondi “premiali”, ossia il fatto che non sono fondi aggiuntivi (come il termine “premiale” dovrebbe comportare) ma sono detratti dal FOE. Da qui l’attuale distorsione per cui i fondi “premiali” sono indispensabili agli Enti per chiudere (o tentare di chiudere) i bilanci in parità, impedendo quindi che possano essere realmente utilizzati per lo svolgimento di progetti di ricerca selezionati dal MIUR. E quindi la loro genesi/preparazione/valutazione è diventata un mero esercizio ipocrita con cui tentare di camuffare il vero uso che gli Enti devono fare del fondo “premiale”, ossia considerarli fondi ordinari indispensabili per la mera sopravvivenza dell’Ente.
In questo contesto il legislatore, cosi come richiesto anche nella Risoluzione approvata dalla VII Commissione del Senato lo scorso ottobre, dovrebbe reintegrare questi fondi nel FOE ed istituire, nel quadro delle riforme in corso, su fondi aggiuntivi e con metodologia di assegnazione similare a quella degli ERC, qualcosa di simile a dei PRIN riservati agli Enti. Solo in questo caso questi progetti potrebbero guadagnarsi il nome che l’allora ministro Gelmini volle dar loro e che venne immediatamente frustrato dalle imposizioni finanziarie dell’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti.
hg4b