Con una azione a sorpresa, e fors’anche un po’ piratesca, il Governo Renzi ha inserito nel decreto legge contenente “Misure urgenti per il settore bancario e gli investimenti”, il cosiddetto “Investment compact” pubblicato sulla G.U. del 24 gennaio, alcune norme (in particolare i commi 2 e 3 dell’art. 5) che affidano alla Fondazione dell’Istituto Italiano di Tecnologie (IIT) di Genova la possibilità di gestire tutti i brevetti delle università e degli enti di ricerca. In particolare, l’IIT dovrebbe istituire un sistema di commercializzazione dei brevetti e “sistematizzare a scopi informativi e di vendita i risultati della ricerca scientifica e tecnologica svolta negli enti pubblici”.
L’allarme è stato lanciato, qualche giorno fa, dal candidato rettore dell’Università Alma Mater di Bologna, Maurizio Sobrero, che chiedeva “perché si dovrebbe affidare alla Fondazione IIT il frutto delle ricerche condotte nelle Università e negli enti di ricerca” e “perché tutto ciò viene introdotto ancora una volta con un provvedimento che nulla ha a che fare con università e ricerca”. Anche l’on. Manuela Ghizzoni del PD, componente della Commissione Cultura alla Camera, ha mostrato la sua meraviglia per l’inserimento di tale norma: “Chi ha inserito quella norma in quel provvedimento? Da dove viene nessuno lo sa, ma di fatto è stato percepito come un ratto di competenze ad enti e istituti di ricerca pubblici da parte di una Fondazione che segue regole private”.
Immediatamente è scattata la protesta ufficiale del mondo accademico e del CNR. La CRUI e il CNR, in una lettera firmata dai rispettivi presidenti, Stefano Paleari e Luigi Nicolais, hanno chiesto al presidente del Consiglio Matteo Renzi di intervenire per ritirare il
provvedimento, ritenuto “assai preoccupante e lesivo moralmente e materialmente per le università e gli enti pubblici di ricerca”. “Nessuno dice che non sarebbe utile discutere di come ottimizzare lo sfruttamento dei brevetti”, ha affermato Paleari al Corriere della Sera, “ma un provvedimento di tale portata non può essere calato così dall’alto, all’insaputa di tutti gli attori interessati, perfino del ministro dell’Istruzione. Vogliamo parlarne? Facciamolo. Ma partendo da una ricognizione di quello che già si fa nelle singole università dove da alcuni decenni funzionano dei centri per il trasferimento tecnologico, penso ad esempio a quello del Politecnico di Torino. Poi certo si può pensare a come andare oltre, ma
a me preme soprattutto la trasparenza. Mentre di questo provvedimento non si sa nemmeno la paternità”.
La versione originale della norma contenuta nell’Investment compact stabiliva che all’IIT dovesse essere attribuita la possibilità di partecipare
direttamente alle start up create dai propri ricercatori. Ma poi una “manina misteriosa” è intervenuta, questo passaggio richiesto dallo stesso IIT è sparito e all’IIT è stato, per l’appunto, attribuito il compito di “sistematizzare a scopi informativi e di vendita i risultati della ricerca scientifica e tecnologica svolta negli enti pubblici”. Compito che, assurdo a dirsi, neanche l’IIT vuole farsi appioppare! Il Direttore scientifico, Roberto Cingolani, ha addirittura minacciato di dimettersi nel caso in cui la norma non venga modificata: “Si tratta di una scelta completamente priva di senso – ha commentato Cingolani – perché la filiera che porta dall’innovazione al mercato non verrà migliorata, anzi, l’intero sistema verrebbe ingessato e reso inefficace”! Addirittura, ha aggiunto il Direttore dell’IIT, “se la norma fosse confermata, l’avventura dell’IIT volgerebbe alla fine”.
Alle proteste iniziali della CRUI e del CNR ha risposto la senatrice Francesca Puglisi, la responsabile Scuola, Università e Ricerca del PD, che in un Comunicato stampa la promesso che “la norma sul trasferimento dei brevetti contenuta nell’investment compact […] sarà corretta”. Anche il ministro Giannini, che ha parlato di un “blitz inatteso”, ha ribadito che la norma sui brevetti “è incompatibile con l’autonomia sia delle università che degli enti pubblici di ricerca”. Speriamo che effettivamente la norma “scontenta- tutti” venga cancellata. Resta, in ogni caso, lo sconcerto per il fatto che il Governo ancora una volta intervenga sulla ricerca senza coinvolgere né i suoi protagonisti, Università ed EPR, né le commissioni parlamentari competenti, con interventi spot di cui nessuno sa l’origine e ne comprende lo scopo.