Poco più di 520 mila euro è quanto il CNR intende spendere per ristrutturare un numero imprecisato di bagni dell’ala storica della sede di p.le Aldo Moro (ad esclusione di quelli del 1° piano, già ristrutturati di recente) e per eseguire non meglio identificati interventi di “ripristino di asfalti ed opere civili” presso la sede dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia (IBCN) di Monterotondo.
Soldi, tanti soldi, da spendere attraverso una “procedura negoziata senza indizione di gara” ai sensi dell’art. 221 del D.Lgs. n. 163/2006 (avviso pubblicato sul Sistema Informativo Monitoraggio Gare (SIMOG) il 15 dicembre 2016, data ultima per la presentazione delle offerte il 23 gennaio scorso), ma senza specificare per quale delle 12 fattispecie contemplate dal decreto non sia stata indetta la gara.
Difficile dire, in assenza di dettagliate informazioni tecniche sui lavori da eseguire, se la spesa prevista sia congrua o no.
Ma al di là della congruità dell’importo previsto per i lavori da appaltare , riteniamo del tutto ingiustificabile che il CNR spenda oltre mezzo milione di euro per lavori in larghissima parte non urgenti e non necessari.
Mezzo milione di euro che fa probabilmente parte di quel “bottino” che l’Ente, sotto la nuova gestione Inguscio-Di Bitetto, ha creato sottraendo fondi alla ricerca, prima con il prelievo effettuato a marzo 2016 dei fondi residui di progetti di ricerca presenti nelle ‘casse’ degli Istituti (si veda, ad esempio, il Comunicato del 5 aprile 2016) e poi con l’iscrizione a bilancio dei 10 milioni di euro assegnati dal MIUR ai progetti di ricerca “Cibo&Salute” e “Materiali innovativi e tecnologie efficienti per le energie rinnovabili” nell’ambito della quota del 30% del fondo premiale 2014 (si veda il Comunicato del 22 luglio 2016).
Bottino che l’Ente intende rimpinguare con il prelievo centralizzato su tutti i futuri “finanziamenti provenienti da progetti di ricerca” previsto nell’Atto di indirizzo che il CdA ha approvato il 13 dicembre scorso (si veda, ad esempio, il Comunicato del 14 dicembre scorso).
Si tratta di interventi destinati a tagliare le gambe alla ricerca, perché rendono ancora più difficile pagare contratti e borse di studio ai giovani ricercatori, aggiornare laboratori e acquistare nuove attrezzature, partecipare a congressi e corsi di formazione, svolgere attività di ricerca di base, oltre a ridurre ulteriormente l’interesse a partecipare a bandi competitivi e ottenere finanziamenti esterni.
È ora di dire basta ad una gestione finanziaria del CNR a dir poco allegra, a spese ingiustificabili eseguite dagli uffici amministrativi, senza che l’anima scientifica dell’Ente (dal singolo Ricercatore ai Direttori di Dipartimento) possa intervenire nelle scelte strategiche, anche economiche, dell’Ente.
Decenni di etero-governo dell’Ente da parte degli accademici (quasi sempre portatori di interessi esterni, se non conflittuali con quelli del CNR) ci hanno insegnato già da tempo quanto sia indispensabile che al CNR, così come agli altri Enti di ricerca, venga riconosciuto il diritto all’auto-governo, attraverso la presenza maggioritaria dei Ricercatori dell’Ente negli organi di governo e di consulenza scientifica e l’elezione del Presidente e dei Direttori delle strutture di ricerca da parte della comunità scientifica interna, e che sia profondamente ridotto il potere degli apparati amministrativo-burocratici.
Si tratta di un traguardo ambizioso e difficile da raggiungere ma noi ci battiamo con l’intima convinzione che prima o poi ci riusciremo.
Questa notizia è stata pubblicata nella Newsletter ANPRI n. 3 del 3 febbraio 2017.
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