Nel corso dell’esame del DDL 3098 sulla Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche (seduta del 30 giugno scorso) sono stati approvati due identici emendamenti (presentati uno dai deputati Quaranta, Costantino, Scotto di SEL e l’altro dai deputati Roberta Agostini, Miccoli, D’Attorre del PD) che, pur introducendo elementi di sicuro interesse per i ricercatori degli EPR, hanno ulteriormente svuotato di contenuti la lettera a) del comma 1 dell’art. 10 che, nella versione approvata dal Senato, prevedeva la “definizione del ruolo dei ricercatori e tecnologi degli EPR, garantendo il recepimento della Carta europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers”. Scompare infatti, nei due emendamenti approvati, la delega al Governo affinché adotti decreti legislativi che definiscano il“ruolo dei ricercatori e tecnologi”, ultimo (debole) riferimento allo stato giuridico sopravvissuto al taglio che il Senato aveva già operato rispetto al testo originario dell’emendamento Bocchino ed altri, così come scompare pure lo specifico riferimento “alla formazione ed all’aggiornamento professionale” dei R&T.
Si tratta, a parere di ANPRI, di un grave passo indietro rispetto al testo licenziato dal Senato che non viene affatto compensato da quello che pure riconosciamo come un passo in avanti, vale a dire l’introduzione della “portabilità dei progetti di ricerca e la relativa titolarità”, due degli obiettivi al centro della petizione lanciata dall’ANPRI.
E’ invece interessante, anche se non ben esplicitata, l’altra modifica introdotta dall’emendamento, vale a dire la richiesta di valorizzare “la specificità del modello contrattuale del sistema degli Enti di ricerca”. Nel 2016, infatti, a seguito della recente sentenza della Corte Costituzionale, si riaprirà la stagione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego per i quali, stando alla legge 150/2009 (Brunetta) al momento si prevedono solo 4 comparti di contrattazione, tra i quali sarà quindi difficile mantenere il comparto “autonomo” della ricerca.
Il rischio per i ricercatori e tecnologi degli Enti Pubblici di Ricerca è evidente: rinnovare il contratto in un comparto diverso da quello della ricerca, dove convergeranno altri settori e altre professionalità della Pubblica Amministrazione, senza avere uno stato giuridico definito per legge, renderà difficile mantenere le proprie specificità professionali ed evitare di essere appiattiti su modelli di reclutamento e progressione di carriera avulsi dal contesto della ricerca.
I circa 2000 ricercatori, tecnologi e accademici che hanno sottoscritto la petizione dell’ANPRI “Per lo stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli EPR” chiedevano di migliorare l’art. 10 approvato dal Senato per muoversi con più decisione in direzione dello stato giuridico, non certo di vedersi cancellare l’unico spiraglio che il Senato aveva aperto (!).
La battaglia dell’ANPRI per introdurre elementi di stato giuridico per i Ricercatori e Tecnologi degli EPR nelle deleghe al Governo continuerà nei prossimi giorni quando, concluso l’esame in Commissione, il testo passerà all’Assemblea della Camera.
Chiederemo ai Deputati di tutti gli schieramenti di farsi portatori di emendamenti che possano re-integrare i punti qualificanti eliminati, senza i quali rimane sempre più svilito il ruolo delle comunità scientifiche nella gestione dell’attività di ricerca degli Enti, totalmente subordinati alle scelte organizzative e gestionali dei Presidenti e della Dirigenza Amministrativa. Auspicando che sappiano resistere e rispondere alle pressioni che sicuramente riceveranno per mantenere lo status quo, a salvaguardia di interessi e resistenze di varia natura, sicuramente non al servizio della “buona ricerca”.
In vista di questi passaggi parlamentari, rinnoviamo l’appello a tutte le comunità scientifiche italiane per sostenere in ogni modo e in ogni contesto le richieste dell’ANPRI.