La giurisprudenza di legittimità e quella amministrativa “hanno stabilito il principio che per i dipendenti pubblici l’obbligo di adempiere alle formalità prescritte per il controllo dell’orario di lavoro deve discendere da apposita fonte normativa legale o contrattuale” (Cassazione, sez. lavoro, sentenze n. 3298 del 08/04/1994 e n. 11025 del 12/05/2006, nonché numerose sentenze del TAR, non ultima la sentenza n. 250 del 02/02/1995 del TAR del Lazio) e che non è sufficiente una norma di tipo generale, quale l’art. 22 della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, per introdurre tale obbligo.
Per i Ricercatori e Tecnologi del comparto Ricerca non sussiste alcun obbligo contrattuale all’utilizzo di un sistema automatico di rilevamento dell’orario di lavoro.
Infatti, il vigente art. 58 del CCNL 1998-2001 del 21 febbraio 2002 (che congiuntamente all’art. 48 del medesimo CCNL sostituisce ed abroga esplicitamente il previgente art. 39 del DPR 171/1991 che introduceva l’utilizzo di sistemi automatici) sottrae i Ricercatori e Tecnologi del Comparto Ricerca dall’obbligo dell’accertamento dell’orario di lavoro mediante controlli di tipo automatico, accertamento che è invece esplicitamente confermato per il personale tecnico/amministrativo dal vigente art. 48, comma 4, dello stesso CCNL 1998-2001.
Inoltre, non sussiste alcuna “apposita fonte normativa” relativa al Comparto Ricerca che obblighi l’accertamento dell’orario di lavoro dei Ricercatori e Tecnologi mediante controlli di tipo automatico.
Di conseguenza, dato che “la giurisprudenza amministrativa è univoca nell’affermare l’esigenza di una fonte normativa specifica per la facoltà di sottoporre il personale dipendente al controllo delle presenze mediante orologi marcatempo o altri sistemi di registrazione” (Cassazione Civile, sez. lavoro, 12/05/2006, n. 11025), ne deriva che l’Ente non può sottoporre i propri Ricercatori e Tecnologi al controllo delle presenze attraverso sistemi di registrazione.
Di tale avviso sono stati sia il Tribunale di Bologna che, successivamente, la Corte d’Appello di Bologna nell’esaminare il caso del licenziamento di un Ricercatore di un Istituto del CNR, “reo” agli occhi dell’Ente di non aver utilizzato il sistema automatico di rilevazione dell’orario di lavoro introdotto nell’Istituto a valle di un accordo sindacale locale del 2009.
In particolare, il Tribunale di Bologna, con la sentenza emessa il 7 febbraio 2014, ha affermato che “l’accordo sindacale del 21 gennaio 2009 […] deve essere considerato nullo ai sensi dell’art. 40 del d.legs. n. 165 del 2001, nella parte in cui non ha differenziato, nel disciplinare le modalità di introduzione e di gestione di un sistema con lettore magnetico per l’accesso e la rilevazione delle presenze dei dipendenti […], la posizione dei ricercatori e dei tecnologi da quella del restante personale”, in quanto “per i ricercatori e tecnologi […] non è stata prevista la possibilità di accertare l’osservanza dell’orario di lavoro mediante strumenti automatici di rilevazione delle presenze, salve le determinazioni – a quanto risulta mai assunte – di una costituenda Commissione paritetica”. Né la contrattazione integrativa di ente, di cui all’art. 28 del CCNL del 7 aprile 2006, “ha ricevuto la facoltà di disciplinare, in deroga o a completamento delle disposizioni del contratto collettivo nazionale, la materia dell’orario di lavoro per i ricercatori e tecnologi”, per i quali, ai sensi dell’art. 21 del medesimo CCNL del 7 aprile 2006 “eventuali modifiche possono essere disposte, previa concertazione, solo per gli Enti di ricerca e di sperimentazione la cui attività si lega ad eventi eccezionali ovvero a scadenze istituzionali […] per altro nel rispetto degli incarichi conferiti ai ricercatori e tecnologi e di specifiche esigenze organizzative connesse ai processi di produzione”.
Di analogo tenore è stata la sentenza del 29 luglio scorso della Corte d’Appello di Bologna che, nel valutare il ricorso dell’Istituto del CNR contro la precedente sentenza di primo grado, ha affermato che “deve ritenersi non solo che i ricercatori e tecnologi abbiano l’autonoma determinazione del proprio tempo di lavoro ma che sia, correlativamente, esclusa l’introduzione di forme di disciplina dell’orario di lavoro e di controllo sull’osservanza dello stesso, salve le eventuali determinazioni di una costituenda commissione paritetica” prevista a livello di intero comparto Ricerca. Di conseguenza, afferma la Corte, “il sistema di rilevazione a badge previsto […] per verificare i tempi di presenza in sede è palesemente in contrasto con la disciplina contrattuale”.
Da notare che tra i motivi d’appello addotti dal CNR c’era anche l’assunzione che il sistema di rilevazione “a badge” avesse lo scopo di “verificare i tempi di presenza in sede anche al fine di consentire una regolare applicazione delle norme in materia di tutela del lavoro”. Anche questo motivo d’appello è stato però respinto dalla Corte. D’altronde, sono innumerevoli le amministrazioni pubbliche (scuola, università, tribunali, ad esempio) nelle quali solo alcuni dei dipendenti sono soggetti a sistemi automatici di rilevazione dell’orario di lavoro, senza che ciò violi la normativa in materia di tutela del lavoro e di sicurezza.
Da sottolineare che la Corte d’Appello, ritenendo che il ricorso presentato dall’Istituto del CNR vertesse su questioni che il precedente giudizio “aveva permesso di affrontare e sviscerare” nella loro totalità e avendo respinto integralmente l’appello, ha condannato l’Istituto del CNR al pagamento delle spese di lite del primo e del secondo grado, ammontanti a circa 25.000 euro.
Abbiamo certezza che contro tale sentenza della Corte di Appello di Bologna il CNR non ha presentato ricorso (entro i termini consentiti) e quindi la sentenza è diventata definitiva.
La sentenza ha ovviamente effetto su tutti gli EPR del comparto Ricerca in quanto, come sottolineato anche dai giudici, solo “una apposita Commissione paritetica” da istituire a livello di comparto ha, ai sensi del vigente art. 58 del CCNL 2002, la possibilità di modificare, “in via sperimentale”, quanto previsto nel CCNL.
L’ANPRI chiederà quindi al CNR di modificare immediatamente la Circolare n. 26 del 1998, adeguandola a quanto sentenziato dalla Corte di Appello di Bologna, in particolare nella parte in cui, in maniera “palesemente in contrasto con la discipline contrattuale”, afferma che “la presenza in servizio [dei Ricercatori e Tecnologi] presso la struttura di appartenenza deve poter essere rilevata dal Direttore/Dirigente attraverso modalità oggettive e trasparenti, con sistemi meccanici o elettronici”.
Gianpaolo Pulcini
Segretario Nazionale, Responsabile CNR