Il 4 dicembre scorso sono stati pubblicati i nomi dei 291vincitori degli “ERC starting grant”, giovani ricercatori cui l’Europa finanzierà i progetti di ricerca proposti e giudicati “eccellenti” per un totale di 429 milioni di euro. L’elenco dei vincitori e le statistiche di distribuzione dei PI (principal investigator) fra le singole nazioni contribuiscono a fotografare lo stato della ricerca nei singoli Paesi europei ed evidenziare le criticità.
Come già nel 2014 (quando 28 italiani furono premiati, classificandosi terzi in classifica), anche quest’anno l’Italia è andata benissimo in termini di numero di grant assegnati a propri ricercatori (ben 31, secondi solo ai tedeschi che hanno vinto 50 grant, come mostrato nella figura che segue) ma, come si temeva dato lo stato della ricerca pubblica in Italia, gli oneri burocratici e la ridotta autonomia gestionale di chi ha la responsabilità scientifica dei singoli progetti, l’Italia ha raccolto relativamente poco in termini di progetti che da realizzare in casa.
Questi ERC sono la triste fotografia dello stato della ricerca nel nostro Paese: ci sono tante menti brillanti che però, potendo scegliere (è il proponente che sceglie la struttura in cui svolgere l’attività di ricerca), preferiscono svolgere la propria attività all’estero invece che in Italia. Il che dovrebbe far riflettere e intervenire prontamente, specie in un momento in cui bisogna dare corpo e sostanza ai decreti attuativi dell’art. 13 della legge 124/2015 sulla “Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca”.
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