Dopo la presentazione in Consiglio dei Ministri dello scorso 31 gennaio del Programma Nazionale della Ricerca 2014-2020, il ministro uscente Maria Chiara Carrozza ha pubblicato, il 21 febbraio scorso, una Bozza del PNR 2014-2016, forse una sorta di lascito al suo successore, Stefania Giannini.
Tre sono gli assi prioritari sui quali il Programma
intende muoversi:
• lo sviluppo e l’attrazione di capitale umano altamente qualificato, da inserire nel tessuto produttivo del Paese,
• l’identificazione di un numero limitato di importanti progetti tematici (con il corredo delle rispettive infrastrutture) di forte impatto sul benessere dei cittadini,
• la promozione, anche attraverso il trasferimento di conoscenza e competenze, della capacità d’innovare e di competere da parte
del sistema delle imprese, in particolare delle piccole e piccolissime.
Nelle intenzioni del ministro uscente, il PNR si configura come un vero e proprio Programma Quadro per la ricerca nazionale: “Non un ‘libro dei sogni’, ma una cornice all’interno della quale idealmente s’iscrivono programmi specifici d’intervento, capaci di migliorare la performance innovativa del Paese”. Cornice nella quale “trova adeguato spazio una responsabile, rigorosa e diffusa attività di ricerca volta
a far avanzare le frontiere della conoscenza”, attività di ricerca “senza la quale è mera illusione far crescere rigogliosamente l’autentica innovazione, quella che determina la crescita sostenibile ed inclusiva di una società e di uno stato orientati al bene di ogni persona e di tutte le persone”.
Anche la bozza del 21 febbraio, come già la sua presentazione di fine gennaio, non chiarisce però se le risorse finanziarie che il MIUR
intende mobilitare per realizzare il PNR (circa 900 milioni di euro l’anno, per un totale di 6,3 milioni di euro nei sette anni) siano “denaro fresco” o si riducano, come purtroppo temiamo, a mere partite di giro, ossia a prelievi dagli attuali fondi per il finanziamento di Università ed Enti di ricerca.