Pubblicato l’Atto di indirizzo del MIUR per il 2017: pochi e generici gli interventi per la Ricerca

Pochissimi giorni prima di Natale il MIUR ha pubblicato l’Atto di indirizzo concernente l’individuazione delle nove priorità politiche del Ministero per l’anno 2017, con le relative aree di intervento aggiornate ed integrate sulla base delle nuove finalità da perseguire.

Pochi, e piuttosto generici, sono gli interventi relativi alla Ricerca e agli Enti di ricerca:

  • Attuazione del Programma Nazionale per la Ricerca, dando “efficace attuazione alla strategia del Programma Nazionale per la Ricerca e alla programmazione comunitaria attraverso una sinergia virtuosa con Regioni e stakeholders del sistema ricerca” (così come previsto nell’Atto di indirizzo del 2016) ed avviando “gli strumenti di partenariato strategico tra ricerca e sistema delle imprese in un’ottica di piena collaborazione con i territori”;
  • Autonomia responsabile delle Istituzioni di Ricerca, dando “piena attuazione alla riforma dell’autonomia degli Enti Pubblici di Ricerca mediante la creazione di appositi strumenti di programmazione e monitoraggio e l’applicazione di idonei sistemi di valutazione”;

  • Investire sul capitale umano, definendo “in maniera condivisa nuove linee programmatiche e contenuti in vista del rinnovo del contratto del personale degli EPR”.

Scompaiono quindi, tra le priorità del nuovo ministro Fedeli, due importanti priorità individuate per il 2016 dalla Giannini, ossia la definizione di “un nuovo status giuridico del personale di ricerca degli EPR, in sinergia con quanto avviene nelle Università, applicando l’apposita delega governativa e valorizzando ruolo ed autonomia dei ricercatori” (cosa che è stata realizzata solo in parte con il D.Lgs. 218/2016) e la “revisione di struttura e governance degli EPR in funzione di una ripartizione più razionale, economica ed efficace delle loro missioni”.

Per quanto riguarda l’Università, il MIUR intende “semplificare le figure pre-ruolo” (ossia, ci sembra di capire, eliminare una delle due forme di contratto a tempo determinato attualmente vigenti per i ricercatori universitari), “riallineare, compatibilmente con le risorse finanziarie, le dinamiche retributive dei professori e dei ricercatori dell’università previste dalla normativa attuale” (ossia, forse, intervenire sul blocco anche giuridico degli scatti retributivi dei docenti e ricercatori universitari nel quinquennio 2011-2015) e semplificare “l’attuale quadro normativo che regola il funzionamento del sistema universitario”, sul modello di quanto approvato per gli EPR con il D.Lgs. 218/2016, “ossia di una semplificazione di carattere generale determinata dall’autonomia budgetaria”.

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