Con la chiusura delle call 2016, Horizon 2020 è arrivato al terzo anno compiuto di attività ed è tempo di primi bilanci, utili per individuare eventuali correttivi per il quadriennio 2017-2020 e ottenere prime indicazioni sulla predisposizione del prossimo Programma Quadro. Alla fine del 2016 la Commissione Europea ha avviato l’Interim Evaluation of H2020, con il lancio di una consultazione pubblica dei principali soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in H2020 e la costituzione di un High Level Group, che ha proceduto ad una valutazione del programma e ha presentato un suo rapporto conclusivo alla fine dello scorso giugno.
In questo contesto l’APRE ha svolto, d’intesa con il MIUR e con il coinvolgimento e supporto dei Rappresentanti nei vari Comitati di programma H2020, uno studio sulla partecipazione italiana nei primi tre anni di H2020. I dati sono stati desunti dalla banca dati della Commissione Europea aggiornata al 28 febbraio 2017, salvo che per il dato regionale aggiornato a Settembre 2016. Dallo studio emerge che l’Italia è un Paese che partecipa molto attivamente ad H2020, collocandosi ai primi posti quanto a partecipazione e a maggior contributo finanziario ottenuto. Tuttavia, considerando il rapporto tra proposte che hanno ricevuto un finanziamento e quelle presentate, l’Italia mostra un valore del tasso di successo al disotto della media europea.
La situazione è illustrata nella Tabella ES1 dello studio dell’APRE, elaborata sulla base dei Grant Agreement (GA) firmati: con le sue 42.408 partecipazioni, l’Italia è seconda solo al Regno Unito e ben al di sopra agli altri Paesi UE-8, ma se si guarda al numero dei progetti finanziati, il dato italiano di 5.042 progetti corrisponde a un tasso di successo pari all’11,9% il più basso tra gli UE-8.
Sussiste quindi un problema di qualità nella partecipazione italiana, che viene ulteriormente evidenziato esaminando i dati relativi alle proposte a coordinamento: anche in questo caso l’Italia è seconda per numero di proposte presentate, ma il tasso di successo scende dall’11,9% all’8,0%.
Come cause della difficoltà evidenziate, lo studio dell’APRE individua la “limitata capacità di aggregare (o aggregarsi in) partenariati forti”, la difficoltà nel “comunicare correttamente la dimensione dell’impatto e dell’innovazione”, la limitata “capacità di gestione del progetto”; minore, ma non trascurabile importanza viene attribuita alla “qualità (eccellenza) dei contenuti proposti”.
Nel complesso, la performance italiana – afferma l’APRE – è in linea con la partecipazione al precedente Programma Quadro (FP7). La quota di finanziamento ottenuta annualmente dall’Italia in FP7 e in H2020 è rimasta all’interno di una fascia che va dal 7,4% – più volte toccato nel corso di FP7 – al 9,0% registrato nel primo anno di Horizon2020.
Il che, affermiamo noi, la dice però lunga sull’efficacia dei vari interventi via via enfatizzati come volti ad aumentare la quota di successo italiana nei Programmi Quadro Europei, in particolare in H2020. In altri termini, continuano a latitare significativi interventi strutturali di sostegno alla ricerca italiana.
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Questa notizia è stata pubblicata nella Newsletter ANPRI n. 11 del 29 settembre 2017
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