Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo la lettera inviata da un collega dl CNR riguardante l’attuale criterio di finanziamento della ricerca nel CNR e in altri Enti, tutto demandato alla capacità dei singoli di procurarsi fondi attraverso bandi su base competitiva. La sua proposta è di dare un piccolo finanziamento fisso e costante ad ogni ricercatore. Un piccolo investimento che darebbe molti frutti!
Cari Colleghi,
da tempo mi trovo a riflettere come sia cambiato negli ultimi 30 anni il modo con cui vengono finanziati gli Istituti del CNR e gli Enti di Ricerca in genere. Non credo di essere stato l’unico a farlo, e quindi non sarebbe neppure originale dire che siamo passati da un sistema che prevedeva finanziamenti principalmente istituzionali ad un sistema che si basa solo ed esclusivamente sulla capacità dei ricercatori di procurarsi autonomamente i fondi, attraverso bandi su base competitiva e possibilmente meritocratica: si cerca di premiare i migliori, anzi i migliori dei migliori, cioè gli “eccellenti”.
Tempo fa, nel corso di una chiacchierata fra colleghi, ho constatato che nella situazione attuale del CNR da parte di molti si arriva a rimpiangere come politica di finanziamento tutto sommato più corretta nei confronti della globalità dei ricercatori dell’Ente e più produttiva ai fini del potenziale sviluppo della ricerca, quella di una volta, che poi è stata ripudiata con sdegno per incentivare, appunto, i migliori.
La scarsità di finanziamenti alla ricerca, in termini generali, ha contribuito poi a rendere le cose più difficili. Ho la sensazione che si sia passati dall’incentivare i migliori ad incentivare solamente i migliori dei migliori (gli eccellenti). Con questa politica di finanziamento si è probabilmente anche cercato di risparmiare sulla spesa pubblica, cosa in fondo anche utile.
Forse, ma sarei cattivo a pensarlo, l’attribuzione di fondi su base esclusivamente competitiva può consentire a qualcuno di proclamare l’avvenuto aumento di stanziamenti alla ricerca senza poi dovere trasferire realmente dei fondi al ricercatore, perché non abbastanza eccellente, e quindi incapace (colpevolmente) di vincere i bandi.
Dunque i finanziamenti “a pioggia” avevano solo aspetti negativi e perseguire l’obbiettivo dell’alta eccellenza ha solo aspetti positivi? O no?
Se è vero che con i finanziamenti a pioggia molti soldi venivano sprecati, è anche vero che arrivavano un po’ a tutti. Si potrebbe dire che erano “democratici come la morte”, che arriva per tutti ed è uguale per tutti. D’altra parte, è anche vero che il finanziamento delle sole eccellenze ha un proprio intrinseco difetto, che consiste nel potenziale blocco di ogni possibile evoluzione della ricerca scientifica (e dei suoi trasferimenti applicativi) e ad oggi non ha prodotto risparmi della spesa.
Il primo grande punto critico del finanziamento alle sole eccellenze è costituito dalla necessità di disporre di valutatori “più che eccellenti” in grado di valutare le “eccellenze”.
Nel nostro paese tutti i vertici del mondo scientifico hanno vissuto in tempi in cui venivano dati fondi a pioggia e non esisteva la concorrenza serrata a livello mondiale ed in tempo reale. Voglio sottolineare che credo che la maggior parte di queste persone siano veramente scienziati di altissimo livello. Ma anche così dobbiamo dolorosamente ammettere che esiste una “minor parte” che si trova nella posizione di giudicare se altri siano eccellenti avendo una esperienza di portata certamente inferiore a quella teoricamente necessaria.
Comunque sia, premiare le sole “eccellenze” consegna di fatto un potere enorme a chiunque sia messo nel ruolo del valutatore. E questo non è per niente un bene, anche senza volere pensare in modo maligno che alcuni possano essere indotti a favorire qualcun altro per interesse.
Il secondo, ma importantissimo, punto è il circolo vizioso che si genera immediatamente e viene potenziato a dismisura quando la “coperta” dei finanziamenti incomincia a diventare corta. Sintetizzo estremizzando un poco per farmi capire meglio:
- nessuno può essere realmente “altamente eccellente” in argomenti nuovi, per cui nessuno è in grado di valutare compiutamente nuovi argomenti di ricerca,
- nessun giovane nasce eccellente, deve diventarlo, ma non ha speranze di competere con gli “eccellenti già esistenti, più anziani ed esperti”, se non altro per i titoli che può presentare in sede competitiva,
- nessuna tematica che interessa pochi soggetti (perlomeno al momento della ricerca di finanziamenti) ha speranze se deve competere, sul piano dell’eccellenza, con ricerche dotate di forte ricaduta industriale.
Insomma, sempre estremizzando, alla fine di un processo del genere esisterà in tutto il mondo un solo, anziano ricercatore, assolutamente eccellente, che indagherà su un solo argomento (estremamente importante) ed avrà a disposizione tutti i fondi disponibili. Sicuramente produrrà un solo ed unico risultato altamente eccellente. Poi lo manderemo a casa, per raggiunti limiti di età, e non esisterà più nulla.
Forse qui vale la pena notare che la politica recente della UE incomincia ad incentivare la presenza, nei progetti di ricerca, dei Paesi Membri con minori possibilità economiche, proprio per evitare che si rinforzino circoli viziosi e si creino comunità scientifiche “pigliatutto ed escludenti”.
Segnalo anche che nei prossimi bandi del Ministero della Salute, per fare un esempio, i Principal Investigators saranno valutati in base al loro h-index e all’ammontare dei finanziamenti già avuti in passato. Come dire che i vincitori saranno persone con lunghi curricula (diciamo pure anziani) che diventeranno sempre più “ricchi”. Non stupiamoci poi se gli anziani saranno dei prestanomi per una cordata o pensionati consulenti. E se la spesa per consulenze nella PA aumenta a dismisura (+60% nel 2014 rispetto al 2013 in totale, +56,17% per il comparto ricerca. Fonte: Il Sole 24 ORE del 21/2/16). Non ci stupiremo nemmeno se nella valutazione di alcuni progetti banditi da fondazioni verrà valutata anche la presenza del gruppo di ricerca del candidato sui social networks: molti click uguale molta scienza. Succede già (con buona pace di Umberto Eco), e gli emuli di Stamina sbancheranno perché avranno punteggi “eccellenti”.
Che fare quindi? Nell’occasione del cambio di presidenza CNR si potrebbe incominciare a diffondere il pensiero secondo cui “annaffiare il vivaio” della ricerca consentirebbe a tutte le piante di crescere un poco, tra queste poi si potranno curare in modo particolare le piante più promettenti.
Selezionando da subito qualche elemento si corre il grosso rischio che una volta morto quello (per esaurimento naturale della ricerca, per età, per cambio di esigenze sociali, cambio di moda e tanti altri motivi) si abbia solo deserto.
Una proposta sensata potrebbe essere dare un piccolo finanziamento fisso e costante ad ogni ricercatore, con cui si possano raggiungere alcuni risultati preliminari, li si possano portare ad un congresso, ci si possa aggregare in collaborazioni interne ed esterne all’Ente e si possa tentare di vincere finanziamenti competitivi più consistenti.
Una cifra di 5000 € l’anno per ricercatore, da spendere senza alcuna limitazione, singolarmente o assieme a colleghi, con possibilità di trascinarsi eventuali residui all’anno successivo, potrebbe a mio avviso contribuire non poco ad un rilancio della capacità di attrarre ulteriori fondi e rilanciare la ricerca del CNR. Tecnicamente non sarebbe pioggia, ma irrigazione. E lascerebbe spazio all’acquisizione di fondi su base competitiva in un secondo tempo, un po’ come recita il motto americano “dare a tutti le stesse possibilità”.
Fatti debiti conti, se lo Stato spende annualmente 100 M€ per l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) cui aggiungono ora altri 150 M€ l’anno per i prossimi 10 anni (conseguenze dell’EXPO 2015), finanziare come detto sopra i circa 3778 (se sono aggiornato) R&T del CNR costerebbe solo 18.890.000 € l’anno.
A me sembra più che fattibile,
Stefano Squarzoni
IGM CNR
UOS di Bologna
Questa notizia è stata pubblicata nella newsletter ANPRI n. 4 del 25 febbraio 2016.
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