Si sono (ufficialmente) concluse il 31 ottobre le operazioni di valutazione di tutti i prodotti della ricerca inviati per la VQR 2011-14 e i risultati sono stati trasmessi ai competenti uffici del MIUR. Alla VQR hanno partecipato 94 Università statali e non statali, 12 Enti di Ricerca vigilati dal MIUR e 26 Enti volontari, che hanno conferito per la valutazione circa 118.000 prodotti della ricerca.
Alcune prime indicazioni emerse dalla VQR per quanto riguarda le università sono state presentate in una conferenza stampa dal Presidente dell’ANVUR, Andrea Graziosi, e riportate nel Comunicato stampa dello scorso 19 dicembre.
Secondo quanto affermato, l’università italiana si sarebbe “messa in moto convergendo verso uno standard comune e più elevato della qualità della ricerca”. Gli atenei che avevano una valutazione bassa si sono generalmente “rimboccati le maniche e, se non hanno scalato posizioni, almeno hanno ridotto lo svantaggio”. Si sarebbero, in particolare, ridotte le differenze nella qualità della ricerca tra le diverse aree geografiche.
Ne farebbero fede i grafici presenti nel comunicato stampa e le slides della conferenza stampa.
I dati indicherebbero anche che la qualità delle nuove leve è elevata: il voto medio dei prodotti dei docenti e ricercatori reclutati o promossi dagli Atenei nel periodo 2011-14 è superiore di quasi il 30% rispetto a quello degli altri. Il sistema premiale fondato sulla VQR avrebbe quindi promosso “comportamenti virtuosi nelle politiche di reclutamento e di promozione”.
Le dichiarazioni enfatiche dell’ANVUR, che sembrano mirate a giustificare l’aumento dell’assegnazione FOE (+13,3%) concesso all’Agenzia pochi mesi fa, i lauti stipendi del suo Direttivo (quasi 1,5 milioni di euro annui per 8 componenti) e l’assunzione di altre 17 unità di personale (+113%) concessa al-l’ANVUR dalla recentissima Legge di Bilancio 2017 (!), suscitano però qualche perplessità (da cui il condizionale da noi usato) che probabilmente sarà fugata quando saranno resi disponibili i dati ufficiali e completi.
A nostro parere, il paragone tra gli esiti della VQR 2004-2014 e quelli della VQR 2011-2014 richiede quantomeno una analisi meno precipitosa di quella prospettata a botta calda dall’ANVUR, in considerazione dei diversi pesi attributi ai prodotti della ricerca nei rispettivi bandi, che sono qui sotto riportati:
Risulta quindi evidente come i nuovi criteri di definizione dei pesi da assegnare ai prodotti, nonché il fatto che non sono più assegnabili pesi negativi – tipicamente ai prodotti mancanti rispetto a quelli attesi – come invece avvenuto nella precedente VQR, potrebbero essere almeno in parte la causa degli avvicinamenti tra atenei “peggiori” e atenei “migliori” conclamati dall’ANVUR.
Inoltre, per cercare di compensare gli effetti della protesta contro la VQR attuata, con percentuali di astensione molto difformi presso le varie università, l’ANVUR ha introdotto un fattore di correzione per l’indicatore “quali-quantitativo dei prodotti della ricerca attesi di ateneo” che rende i risultati della qualità dei prodotti della ricerca ancora più incerti e questionabili.
Da segnalare, infine, che la peer review dei lavori sottoposti a valutazione si è conslusa definitivamente non prima del 30 dicembre scorso (data ultima per l’invio delle valutzioni da parte dei revisori), ossia due mesi dopo la pubblicazione dei risultati da parte del-l’ANVUR, cosicché i risultati pubblicati sono necessariamente incompleti.
Nasce quindi spontanea la domanda: perché mai tanta fretta, da parte dell’ANVUR, di pubblicare dati relativi alle università così palesemente provvisori, arrivando a conclusioni non comprovate da serie analisi? Perché mai limitarsi alle sole università e non estendere questa prima valutazione anche agli Enti di Ricerca?
La ragione sembra risiedere nella volontà del MIUR di ripartire la quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università statali per l’anno 2016 non più sulla base dei risultati, consolidati e definitivi, della precedente VQR 2004-2010 ma sulla base dei risultati, parziali e provvisori, della nuova VQR 2011-2014, cosa puntualmente avvenuto il 29 dicembre scorso con il Decreto Ministeriale n. 998/2016.
Così facendo, nell’assegnazione della quota premiale legata alla sola qualità della ricerca (pari al 65% dell’intera quota premiale), tra gli atenei “maggiori”, ossia quelli la cui quota premiale 2015 legata alla qualità della ricerca è stata superiore ai 10 milioni di euro, gli atenei che registrano i maggiori incrementi (normalizzati tenuto conto dell’incremento della quota premiale 2016 legata alla qualità della ricerca rispetto alla analoga quota 2015) sono la II Università di Napoli (+34,4%) e le Università di Palermo (+18,7%), di Messina (+16,1%) e la Federico II di Napoli (+12,5%), mentre tra gli atenei “piccoli” spiccano l’Università per Stranieri di Perugia (l’ateneo del Ministro uscente, +159,4%), la IUSS di Pavia (+87,3%), la IMT di Lucca (+63,5%) e l’Università di Catanzaro (+45,4%).
Affrettata appare anche la considerazione relativa ai presunti comportamenti virtuosi suscitati dalla VQR nelle politiche di reclutamento e promozione degli atenei. L’esistenza di tali comportamenti virtuosi è tutta da documentare, e un dato parziale e puntuale come quello della VQR 2011-2014 non è assolutamente idoneo a dimostrare un nesso causale tra il presunto comportamento virtuoso e la VQR.
In sostanza, destano stupore e perplessità i toni trionfalistici usati dall’ANVUR, che è (o dovrebbe essere) un organo indipendente, con compiti di natura tecnica, dal quale ci aspetteremmo una maggiore sobrietà nella comunicazione istituzionale, e un forte rigore negli enunciati, che appunto lo distingua rispetto agli organi di natura politica.
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