Il 27 ottobre si è tenuta all’Expo di Milano la XIII Giornata della Ricerca e dell’Innovazione di Confindustria che intendeva “rappresentare l’occasione di un dibattito costruttivo con i più alti rappresentanti delle Istituzioni italiane ed estere, le imprese e i ricercatori pubblici e privati”.
In apertura, la dott.ssa Bracco, Vice Presidente per la Ricerca e Innovazione e Progetto Speciale Expo 2015 di Confindustria, ha insistito sulla necessità di avviare un circolo virtuoso per cui le imprese si convincano che Ricerca e Innovazione (R&I) sono lo strumento cardine per affrontare il futuro. Ciò richiede una collaborazione tra pubblico e privato. La Confindustria, ha affermato la Bracco, si sta già muovendo da parte sua per fare di questa convinzione un fatto acquisito per tutte le imprese. Per procedere, le imprese italiane aspettano solo di conoscere il testo preciso del nuovo Programma Nazionale della Ricerca (PNR) 2014-2020 che, come abbiamo sottolineato nella Newsletter 18/2015, ha già accumulato due anni di ritardo.
Sull’argomento è intervenuto il ministro Giannini che ha (nuovamente!) annunciato che il PNR è quasi pronto per la presentazione. Esso adotterà una strategia allineata con quella Europea, puntando su 12 settori privilegiati, tra i quali la salute (farmaceutica) e l’agroalimentare (anche per sfruttare il successo dell’EXPO di Milano su questo tema). Il PNR, ha affermato il ministro confermando quanto anticipato dall’ANSA già 20 giorni fa, si articolerà in sei azioni, tra le quali: a) la internazionalizzazione, b) la valorizzazione del capitale umano, (ora) considerato strategico, anche al fine di indurre eccellenze straniere a lavorare in Italia, e c) la sinergia pubblico-privato, anche al fine di avvicinare la percentuale di PIL investito in R&S dall’Italia all’obiettivo del 3% (attualmente l’Italia investe un misero 1,2%). Strumenti per realizzare ciò sono, a detta del Ministro, i concorsi per le 500 cattedre di eccellenza, aperte a italiani e stranieri, e i concorsi per 1000 nuovi Ricercatori universitari, previsti nella Legge di stabilità 2016. Tutto ciò, ha affermato il Ministro, è solo l’inizio. Per il Ministro è inoltre necessario riformare i compiti della burocrazia nei riguardi delle istituzioni scientifiche, alle quale certe regole non sono adatte. Ciò include, secondo la Giannini, anche una revisione dei modelli di lavoro, e quindi degli strumenti contrattuali per il campo della ricerca, compito questo (già) delegato al ministro Madia (ma al momento limitato ai soli Ricercatori universitari).
Il ministro Giannini si è quindi soffermata sul Programma Horizon 2020: dopo un inizio in tono minore, l’Italia ha di molto migliorato la propria performance, raggiungendo un indice di successo delle proprie proposte pari al 16% (contro la media europea del 8%). Il 15% delle proposte sono coordinate da italiani, l’Italia ha acquisito il 10% dei fondi assegnati (superata solo da Germania e Spagna), per un totale di 430 M€, pari a 3.200 euro per Ricercatore, tra i più alti a livello Europeo. È necessario, ha aggiunto il Ministro, stimolare ulteriormente il protagonismo dei Ricercatori italiani. L’Italia è capofila in Europea su due temi: il mare (Mediterraneo – pesca e relativi problemi, 14 Paesi in rete e 40M€ già stanziati) e il collegamento scienza-società (su temi come spazio, nano, acqua, agro).
Dopo la video presentazione di Fabiola Giannotti, nuovo Direttore Generale CERN dall’inizio del 2016 (al CERN i Ricercatori italiani sono il gruppo più numeroso, circa 1500 su un totale di 11.000 circa), il ministro Giannini ha perorato la libertà di ricerca e la necessità che la politica eserciti un’azione “potente”, ossia capace di incidere sull’attuale situazione, anche al fine di aumentare l’efficienza del sistema produttivo attraverso la già ricordata sinergia pubblico-privato.
Il Presidente del CNR, Luigi Nicolais, nel suo intervento ha affermato che, durante la sua presidenza, la mentalità dei Ricercatori è cambiata nella direzione, da lui sostenuta, di una maggiore attenzione a quella che viene chiamata, con un termine riduttivo, “ricerca applicata”, perché è necessario produrre applicazioni oltre che conoscenza. Per Nicolais, i Ricercatori del CNR sono usciti dal loro guscio puramente intellettuale e nel 2014 l’Ente ha avuto relazioni con oltre 1440 imprese. Però, ha sottolineato Nicolais, ci sono troppi giovani Ricercatori che spostano la loro attività al-l’estero: in un recente concorso al CNRS francese, il 40% dei vincitori era italiano. A questo punto il Presidente avrebbe anche dovuto spiegarne le ragioni ma non lo ha fatto! Forse il motivo è da ricercarsi nel fatto che nel CNR ai Ricercatori è preclusa la carriera? Dubbio che evidentemente non lo ha neanche sfiorato.
Nicolais ha poi lamentato il fatto che la Legge di stabilità 2016 non parla per nulla della ricerca e della sua priorità, confinata nel solo PNR, cosa di cui si sono lamentati anche altri partecipanti, in particolare i rappresentanti di Confindustria
Interessante è stato l’intervento di Massimo della Porta, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo SAES, che ha sottolineato che il Gruppo investe il 10-15% del fatturato in R&I ma che, senza adeguati sgravi fiscali, tale investimento rischia di diventare insostenibile. Il Gruppo, ha continuato della Porta, è ancora in grado di sostenere tale investimento perché ha attivato, nei passati decenni, numerose collaborazioni con università ed EPR. Questa situazione però non è comune alla maggior parte delle PMI, le quali spesso non sanno dove trovare le informazioni che sarebbero loro necessarie, o addirittura hanno la necessità di un ‘referaggio’ esterno per capire l’origine dei loro problemi.
In chiusura della Giornata, il Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha ricordato come in Italia vi sia un numero insufficiente di Ricercatori. La Confindustria ha imboccato la strada di una decisa politica dell’innovazione ma in Italia permangono due grossi problemi: il primo è che le PMI “non possono permettersi” la R&I, il secondo è quello che nei media è usualmente etichettato come la “fuga dei cervelli”, con i relativi soldi persi per la loro formazione. Squinzi ha anche ricordato un dato inequivocabile: la scarsità di laureati in Italia, senza però spiegarne le ragioni che in parte risiedono nella ridotta richiesta di laureati (e ancor più di Dottori di ricerca) da parte delle imprese italiane.
Questa notizia è stata pubblicata nella newsletter ANPRI n. 19 del 5 novembre 2015.
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